Restrizioni alimentari e cognitive

Di: admin 12/01/2021 nessun commento

Restrizioni alimentari e cognitive

“Ma sei pazza? La pasta a cena?!”

“No, i dolci assolutamente non bisogna mangiarli”

“Dato che oggi mi sono allenata, allora posso concedermi una pizza”

Quante volte ci capita di dire o sentir dire queste frasi?

Spesso quando parliamo di diete pensiamo a un solo tipo di restrizione, la restrizione dietetica calorica, ovvero la riduzione dell’apporto calorico giornaliero.

Ma in realtà esiste un’altra forma di restrizione, molto più subdola e pervasiva, che si concretizza in regole alimentari, a volte così consolidate da portarci ad aderirvi inconsapevolmente e acriticamente.

La restrizione dietetica cognitiva è rappresentata da numerosi e ripetuti tentativi di ridurre l’alimentazione attraverso delle regole che variano per tipo, ma normalmente riguardano il quando, il quanto e il cosa mangiare. Questo tipo di restrizione può portare anche a una restrizione calorica, ma non è sempre detto.

L’effetto è quello di un’alimentazione stereotipata, inflessibile, ma soprattutto che non tiene conto di preferenze, desideri e indicatori personali.

È senz’altro vero che siamo sempre più sollecitati e bombardati di informazioni e indicazioni, spesso contraddittorie su cosa, come e quanto magiare. Tuttavia è di fondamentale importanza cercare di sviluppare un senso critico che ci permetta prima di tutto di cogliere la fondatezza di quelle informazioni e di prestare molta attenzione all’attendibilità della fonte (ad es. influencer di turno vs. nutrizionista).

Perché è fondamentale affrontare la restrizione dietetica cognitiva?

  1. È dannosa: in quanto causa preoccupazioni costanti e crescenti su cibo e alimentazione. Queste preoccupazioni possono contribuire ad esaurire le nostre energie, fisiche e mentali, costandoci molto in termini di ansia, stress e concentrazione.
  2. È un potente fattore di mantenimento nel caso in cui si stia strutturando un disturbo alimentare
  3. Incoraggia le abbuffate e gli episodi di alimentazione incontrollata: funziona un po’ come una pentola a pressione. A lungo infatti la deprivazione può renderci più vulnerabili “a rompere gli argini” e perdere il controllo.
  4. Se porta a una restrizione calorica possono verificarsi delle condizioni di sottopeso e dei sintomi da malnutrizione, che compromettono la salute e il benessere della persona.

Ma vi chiederete allora, perché continuiamo ad utilizzare questa strategia?

Probabilmente perché, al di là della fondatezza di queste regole, il solo fatto di cercare di rispettarle e soprattutto in un primo tempo di riuscirci, ci restituisce un senso di controllo, ci fa sentire in qualche modo “bravi”, determinati. Quando poi viene confusa con la forza di volontà, otteniamo anche il plauso e l’ammirazione dall’esterno.

Il rovescio della medaglia però è che quando non si riesce a rispettare queste regole, che diventano sempre più rigide, impegnative e numerose, si rischia di attribuire l’insuccesso a una propria debolezza e non al fatto che le regole siano sbagliate e impossibili da seguire a lungo termine. 

Come si affronta la restrizione dietetica cognitiva?

Prima di tutto è importante osservarsi e farsi alcune domande: queste regole hanno senso? Quanto influenzano il mio modo di mangiare? Mi rendo conto di essere tesa/o e nervosa in relazione all’alimentazione? I pensieri sul cibo occupano gran parte della mia giornata?

Dopodichè può avere molto senso chiedere l’aiuto di un esperto, che ci accompagni nella scoperta dei costi dell’adozione di questo tipo di regole e della problematicità nell’intendere la dieta come dei binari rigidi al cui interno muoversi piuttosto che come l’acquisizione di abitudini alimentari sane.

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