NO DIET DAY: DI COSA SI TRATTA?

Di: Marta Ferrari 09/05/2021 nessun commento

NO DIET DAY: DI COSA SI TRATTA?

Il 6 maggio si è celebrato il NO DIET DAY, ma cosa si intende per approccio no diet e perché è così importante parlarne?

Come professionisti della salute non possiamo non interrogarci sulla realtà che viviamo quotidianamente, informandoci, mettendo in discussione noi stessi e i nostri paradigmi, spinti dal desiderio di comprendere e aiutare chi si rivolge a noi. In questo senso riflettere sulle diete, sulle modalità e sui significati di stare a dieta, ma soprattutto sui vissuti delle persone che si affacciano al mondo dell’alimentazione e che hanno con quest’ultima un rapporto problematico diventa fondamentale per creare approcci sempre più ritagliati sulla persona e che siano in grado di costruire un benessere duraturo.

La pandemia da COVID-19 ha fatto esplodere la domanda di cura di problematiche e di disturbi alimentari ed è impressionante osservare come le ricerche in internet su dieta, alimentazione, dca siano decuplicate.

Alimentazione e pandemia

I motivi che si celano dietro questo aumento della domanda e soprattutto del disagio rispetto al peso e al corpo sono diversi. Sicuramente il fatto che a causa delle restrizioni siamo stati costretti a rimanere a casa per molti mesi, privati degli abituali contesti di svago ci ha obbligati a passare molto tempo con noi stessi, con le nostre fragilità, le stesse fragilità da cui forse riuscivamo a prendere le distanze perché troppo impegnati dalla routine quotidiana. È innegabile poi che il focus sul cibo e sull’attività fisica sia stato la naturale conseguenza dell’essersi ritrovati con moltissimo tempo libero da riempire.

Cosa significa approccio No diet?

È un approccio che vuole dissociarsi nettamente da approcci che promuovono il dieting, il ricorso a diete restrittive e in generale che condanna la cultura della dieta. L’approccio no diet nasce per diffondere e promuovere tutti i tipi di corpo, condannando discriminazioni e giudizi basati sul peso e sul corpo, a loro volta frutto dell’adesione a canoni estetici socialmente imposti e ritenuti come gli unici validi e meritevoli di essere perseguiti.

La cultura della dieta è un insieme di valori costruiti e condivisi socialmente che riguardano le abitudini alimentari, la relazione con il cibo e il modo di rapportarsi ai corpi, il cui diktat principale è: i corpi magri sono più desiderabili, salutari e di valore.

In questa cornice la magrezza viene idealizzata e identificata con il concetto di salute, la magrezza viene utilizzata come segno tangibile e concreto del proprio valore come individui e delle proprie capacità. Per raggiungere questo status viene incentivata la perdita di peso, a qualunque costo e viene fatta un’arbitraria divisione delle abitudini alimentari e degli alimenti in giusto/sbagliato, concesso/proibito, buono/cattivo.

Cosa si intende per dieting e quali sono le sue conseguenze?

Il dieting consiste in una modalità di stare a dieta, ovvero uno stato di privazione o nei casi peggiori di deprivazione, che è prima di tutto uno stato mentale. Cosa significa? Che anche se effettivamente non siamo a dieta, cioè non mettiamo in atto comportamenti congrui con una dieta, la nostra testa si affolla sempre più di pensieri del tipo: “da lunedì, dieta!”, “questo non dovrei proprio mangiarlo”, “se esco oggi a cena, poi non potrò uscire per tutta la settimana”, ecc… ovvero una serie di pensieri, che finiscono per diventare ossessivi e che ci fanno sperimentare una sensazione di deprivazione prima di tutto psicologica e che ci porterà poi ad aderire alle regole alimentari proprie della restrizione cognitiva.

Qual è il problema? Entrare nella modalità dieting è molto frustrante, soprattutto se non riusciamo ad aderire alle regole dietetiche che ci siamo autoimposti, perché a fronte di una grande privazione mentale non vedremo i risultati. Inoltre il dieting è uno dei fattori predittivi più potenti delle abbuffate. Sottoporci a un tale grado di deprivazione creerà una pressione fisiologica e psicologica impossibile da mantenere nel lungo termine e così, in un momento di stanchezza, tristezza o nervosismo, violeremo le regole cibandoci in modo eccessivo e incontrollato e questo ci farà sentire colpevoli, sbagliati. Per contrastare questo vissuto, memori del senso di potenza e efficacia che ci aveva dato nelle settimane precedenti riuscire ad aderire alle regole dietetiche, ricominceremo ad applicarle con ancora più rigidità… iniziando così un circolo vizioso senza fine.

E così passeremo molti anni della nostra vita a provare tutte le diete possibili, disabituandoci ad avere un rapporto sereno e consapevole con l’alimentazione. Mangeremo solo ciò che è previsto dal piano, quando è previsto dal piano, smettendo di chiederci se abbiamo fame, se quello che abbiamo mangiato ci piace e ci soddisfa. Ma quel che è peggio perderemo la nostra bussola interna, la fiducia nei segnali che il nostro corpo ci manda e struttureremo un’idea di noi come di persone che vivono nel paradosso di sapere di dover essere a dieta per tutta la vita, con la certezza di non riuscirci.

L’illusione della dieta: Quando dimagrirò allora…

Perché spesso cadiamo vittime di questi circoli viziosi? Perché le diete ci fanno una serie di promesse che faticano a mantenere. Ci danno un’illusione di controllo e efficacia, cose di cui sentiamo uno spasmodico bisogno. Quando tutto sembra essere incerto, imprevedibile, più grande di noi, decidere se e cosa mangiare sembra essere l’unica soluzione, l’unica strada per la serenità, l’equilibrio e per raggiungere quell’ideale di magrezza tanto sognato.  

Cosa dovrebbe essere una dieta?

Una dieta dovrebbe rappresentare uno stile di vita, un modo di approcciarsi al cibo e all’alimentazione ritagliato sui nostri gusti, sulle nostre esigenze e sui nostri bisogni e non un foglio più o meno lungo di cibi concessi e di cibi proibiti.

Come uscire dal circolo vizioso del dieting?

Riacquistando la consapevolezza e la fiducia in noi stessi e nei segnali che il nostro corpo ci invia. Facile a dirsi ma difficile a farsi, no? È complesso reimparare ad ascoltarsi e a fidarsi, ma non è impossibile. Anzi! Un percorso di riscoperta potrebbe portarci a riscoprire aree della nostra vita in grado di appagarci e farci stare bene che forse per troppo tempo abbiamo ignorato, perché troppo impegnati a colpevolizzarci per quello che siamo e a focalizzarci più su quello che non sappiamo fare che su quello che ci piace e in cui riusciamo bene.

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