Mindful Eating: come tornare ad avere una sana relazione con il cibo
Di: Marta Ferrari
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Mindful Eating: come tornare ad avere una sana relazione con il cibo
Quello che costruiamo e viviamo con il cibo, l’alimentazione e il nostro corpo è un rapporto. Purtroppo per molte persone questo rapporto è fonte di sofferenza, conflitto e disagio. Ed è così che una cosa che dovrebbe essere naturale, anzi essenziale per vivere, perde ogni tipo di gioia e soddisfazione
Cosa si intende per mindful eating?
I benefici della mindfulness sono ormai noti e scientificamente provati. Gli approcci mindfulness trovano applicazione in diversi contesti, ben adattandosi a diverse età e al trattamento di numerose patologie organiche e non.
Il mindful eating è uno splendido esempio di come sia possibile applicare la mindfulness a qualcosa che permea la nostra vita: l’alimentazione
Cos’è la mindfulness e come portarla nelle nostre vite?
Innanzitutto la mindfulness è un’abilità che tutti abbiamo e che tutti possiamo imparare a coltivare, con la pratica.
“La mindfulness è consapevolezza priva di giudizio o critica, significa porre deliberatamente l’attenzione, essere pienamente coscienti di ciò che succede dentro di noi e al di fuori di noi, nel nostro ambiente”
Cosa serve quindi per applicare un approccio mindfulness alla nostra vita e alla nostra alimentazione? Una mente aperta e curiosa, gentilezza e assenza di giudizio. Non esiste un modo giusto o sbagliato di usare l’attenzione, ma solo un modo più o meno funzionale. Prestare attenzione a quello che ci capita ci permetterà di rendere l’esperienza più piena, ricca e soddisfacente. Nel caso specifico dell’alimentazione, quando mangiamo senza prestare attenzione, magari perché stiamo discutendo, o lavorando, o guardando la tv mangiamo in modo inconsapevole e quindi probabilmente molto più del necessario e senza esserne soddisfatti. Attraverso il mindful eating impariamo a essere presenti mentre mangiamo ed è così che l’esperienza diventa piena e ricca. il più importante beneficio di questo approccio, quello che lo rende applicabile a diversi contesti di vita è la possibilità di riconnetterci con la nostra saggezza interna e tornare a fidarci di noi stessi, delle nostre sensazioni e delle nostre abilità.
Cosa non è il mindful eating?
Questo approccio non riguarda cosa e quanto mangiare, ma piuttosto come farlo. Non ci sono regole, prescrizioni, grammature, non ci sono esperti che possono insegnarci cosa mangiare ma gli esperti siamo noi, in quanto unici esploratori e conoscitori della nostra esperienza. L’obiettivo principale del mindful eating non è perdere peso, ma piuttosto lasciar andare tutte le angosce e le ansie relative al cibo, a quello che dovremmo o non dovremmo mangiare. Quello che conta è il momento presente ed è a questo che dobbiamo ancorarci per cercare di viverlo pienamente. Questo non significa che dobbiamo diventare dei maestri Zen o che dobbiamo dedicare ore ai nostri pasti per fare tutto con estrema lentezza. Ma piuttosto dobbiamo diventare consapevoli di quello che fa la nostra mente mentre mangiamo. In questo senso praticare il mindful eating ci renderà consapevoli anche del mindless eating, cioè dell’alimentazione inconsapevole. Ci capiterà delle volte di mangiare senza prestare attenzione, ma la capacità di osservare queste situazioni e esserne consapevoli ci permetterà di capire come superarle o di decidere in base alla situazione come alimentarci.
Come capire se abbiamo una relazione sana con il cibo?
Se il nostro rapporto con il cibo è conflittuale da molto tempo potremmo avere la sensazione di aver disimparato a mangiare. Alcune persone pensano addirittura di essere difettose, di essere prive di quei segnali di fame e sazietà che dovrebbero aiutarle a gestire la propria alimentazione. Ognuno di noi è naturalmente predisposto per sperimentare un senso di equilibrio e per tornare a vivere l’alimentazione con gioia e soddisfazione. Semplicemente abbiamo disimparato a farlo, abbiamo adottato una serie di abitudini negative che influenzano il nostro rapporto con il cibo e che ci hanno gradualmente disallenato all’ascolto dei nostri desideri e bisogni. Quando viviamo una relazione sana con il cibo quest’ultimo non diventa catalizzatore delle nostre gioie e dei nostri dispiaceri, non pensiamo continuamente a cosa dovremmo o non dovremmo mangiare, non ci sentiamo obbligati a finire tutto quello che abbiamo nel piatto o legati a abitudini malsane, non sentiamo il bisogno di pesarci continuamente, non sperimentiamo grandi oscillazioni di peso e non contiamo le calori.
Perché mangio?
Quando chiediamo alle persone di descrivere la loro fame o di pensare a quanti tipi di fame esistono, tendenzialmente le risposte sono vaghe e confuse. Anche a causa di una narrazione parzialmente scorretta, le persone spesso pensano che esistano due tipi di fame: quella fisiologica e quella emotiva.
Ma in realtà alla domanda: “perché mangio?” possono esserci molteplici risposte! Non mangiamo solo per non morire di fame, questo è certo. Per iniziare il nostro percorso di consapevolezza dobbiamo innanzitutto cercare di esplorare il momento presente e la nostra fame chiedendoci cose come:
ho fame? Dove sento la fame? Quale parte di me ha fame? Di cosa ha bisogno il mio corpo? Sono sazio? Quale parte di me è sazia?
Dopodichè potremo portare l’attenzione ai 9 tipi di fame individuati dal mindful eating:
- La fame degli occhi: tutti noi tendiamo a decidere cosa e quanto mangiare in base al feedback che riceviamo dai nostri occhi. Prestare attenzione ai colori, alle forme, alle consistenze renderà la nostra esperienza più piena e soddisfacente
- La fame del tatto
- La fame delle orecchie: spesso anche solo sentir parlare di alcune pietanze o sentire il rumore che fanno alcuni alimenti quando li mangiamo ci fa sentire appagati
- La fame del naso: l’olfatto è fondamentale per apprezzare pienamente anche il gusto degli alimenti (lo capiamo perfettamente quando siamo raffreddati). Gli odori e i profumi sono molto evocativi, ci permettono di ritornare immediatamente con la mente a momenti e ricordi piacevoli della nostra vita, connessi con il cibo
- La fame della bocca: consiste nel desiderio della bocca di provare sensazioni piacevoli. Questa fame è davvero molto soggettiva, ad esempio c’è chi apprezza particolarmente il piccante e chi lo odia.
- La fame dello stomaco: lo stomaco è in grado di inviarci numerosi segnali, evolutivamente fondamentali per dirci “ehi, tu! È ora di mangiare”. Lo stomaco non ragiona in base ai sapori, ma piuttosto ai volumi. È fondamentale quindi reimparare ad ascoltare il nostro stomaco per capire quando è troppo o troppo poco pieno o quando i suoi segnali ci indicano che siamo a disagio o in ansia. Solo imparando a leggere i segnali possiamo capire come rispondere
- La fame delle cellule: ovvero la fame che il nostro corpo ci segnala attraverso una serie di sintomi (mal di testa, stanchezza, capogiri). Tutti noi siamo dotati di questi segnali, ma ci dimentichiamo di chiederci di cosa abbia bisogno il nostro corpo in quel momento
- La fame della mente: si basa sui pensieri, sulle informazioni, sulle nostre credenze e sulle regole alimentari. È la fame più facilmente influenzabile dal dieting.
- La fame del cuore: è strettamente collegata alle emozioni, ai ricordi, alle tradizioni.
Fondamentale nell’approccio mindful è la pratica! È per questo che per ogni tipo di fame vengono proposte delle meditazioni che ci aiutino a reimparare certi modi di pensare a noi stessi, al cibo e in generale alle nostre esperienze. È come quando impariamo a guidare, all’inizio saremo estremamente scrupolosi e meccanici, dopo un po’ di pratica i movimenti diverranno fluidi e inconsapevoli ma magicamente armonici.
Fiducia e consapevolezza
Spesso parliamo di fiducia, ascolto e consapevolezza. Reimparare a fidarci di noi stessi è una cosa difficilissima. Ma è anche l’unico modo per tornare ad avere un rapporto sereno con noi stessi e costruire il nostro benessere.
L’obiettivo del mindful eating non è insegnarci cosa mangiare o darci delle regole da seguire, ma piuttosto imparare a riconoscere il ruolo del cibo e dell’alimentazione nel regolare le nostre emozioni. Solo conoscendo potremo capire come usare questo potente strumento per essere più sereni ed efficaci. Il cibo potrà diventare un alleato fondamentale per aiutarci a raggiungere e mantenere uno stato di benessere che esula dal numero che leggiamo sulla bilancia o sull’etichetta dei nostri vestiti. Praticare la mindfulness ci permette di osservare la nostra realtà con occhi diversi, di riscoprire lo stupore che si cela anche dietro piccoli gesti meccanici e quotidiani. Senza ascolto però non può esserci consapevolezza e non dobbiamo aver fretta di vedere i risultati, perchè questo non è lo scopo. Dobbiamo cercare di non scoraggiarci perchè all’inizio sarà difficile, sarà difficile prestare attenzione e tornare a fidarsi di noi e della nostra capacità di leggere e vivere le situazioni. Ma possiamo imparare a prenderci cura di noi e delle nostre difficoltà, regalandoci così la possibilità di imparare ogni giorno qualcosa di nuovo.
Per scrivere questo articolo è stata fondamentale la lettura di “Mindful eating: per riscoprire una sana e gioiosa relazione con il cibo”, di Jan Chozen Bays