FAME: UN COMPLESSO EQUILIBRIO TRA BISOGNI E EMOZIONI
Di: Marta Ferrari
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FAME: UN COMPLESSO EQUILIBRIO TRA BISOGNI E EMOZIONI
Se avete deciso di iniziare a leggere questo articolo, probabilmente è perché vi siete trovati a riflettere sul vostro modo di alimentarvi e sul vostro rapporto con il cibo e il corpo. Forse vi sarete accorti di alcuni comportamenti che non riuscite a spiegarvi, oppure vi sarete trovati incastrati in ripetuti tentativi di perdere peso senza trarne soddisfazione o siete curiosi di capire cosa influisca sul nostro rapporto con l’alimentazione.
Spesso ci rendiamo conto che il nostro modo di alimentarci non dipende solamente da spinte fisiologiche. Non mangiamo solo perché abbiamo fame, non ci alimentiamo solo per nutrirci e non mangiamo solo quello che ci serve per restare vivi. Questa è una certezza.
ALIMENTAZIONE E EMOZIONI
Quello che costruiamo con il cibo è un rapporto, un rapporto mutevole che costruiamo fin dai primi mesi di vita e che è fatto di tante cose: ricordi, abitudini, convinzioni e emozioni.
Ma cosa sono le emozioni?
Per anni si è cercato di comprendere le emozioni e questo ci restituisce già un’idea di quanto siano un fenomeno complesso. Un’emozione è un processo, non è una cosa statica e immutabile. È fatta di diverse componenti che, sommate insieme formano l’esperienza emotiva. Quando siamo spaventati ad esempio, abbiamo una componente fisiologica (l’attivazione che si crea nel nostro corpo, come ad esempio l’aumento del battito cardiaco), una componente cognitiva (come interpretiamo queste sensazioni “c’è un pericolo”) e infine una tendenza all’azione (SCAPPAAAA!).
A cosa servono le emozioni?
Dobbiamo pensare alle emozioni come a una sorta di gps interno, una bussola, un sistema complesso di segnali che ci indicano quanto ci stiamo avvicinando o allontanando dai nostri scopi e dai nostri bisogni. Ci indicano quindi cosa ci serve per mantenere o ristabilire uno stato di benessere. Non è sempre facile però leggere le nostre emozioni, cogliere i segnali e capire cosa ci vogliano dire. È per questo che una maggiore consapevolezza è fondamentale per renderci più efficaci nel soddisfare i nostri bisogni.
EMOTIONAL EATING: COS’E’?
L’emotional eating o fame emotiva è un comportamento alimentare caratterizzato dalla tendenza ad utilizzare il cibo come strategia di gestione di eventi stressanti ed emozioni spiacevoli. Il cibo viene utilizzato per ristabilire uno stato emotivo più piacevole. Ci sono alcune emozioni che si associano maggiormente alla fame emotiva e sono ansia, rabbia, tristezza e noia. Di per sé l’emotional eating non è un problema, lo diventa quando rappresenta la nostra unica strategia di gestione delle difficoltà, una strategia che applichiamo in modo rigido, inflessibile e inconsapevole e che quindi finisce per essere inefficace. Nel breve termine può essere una strategia molto utile, ma poi sul lungo termine avrà degli effetti negativi. Non solo ci convincerà di non essere in grado di tollerare emozioni spiacevoli, di aver bisogno di tappare immediatamente questi vuoti emotivi con il cibo, potrebbe poi farci pensare di poter trarre conforto solo dal cibo riducendo la ricerca di altre fonti di soddisfazione e gratificazione e, infine, a quelle emozioni spiacevoli che ci avevano spinti a rivolgerci al cibo potrebbero aggiungersi emozioni spiacevoli di vergogna e senso di colpa per esserci alimenti in modo inconsapevole e più del necessario.
In presenza di fame emotiva è utile interrogarla, in modo curioso e non giudicante, cercando di capire cosa questi episodi vogliano dirci. Per interrogarla dobbiamo prima di tutto riconoscerla.
COME RICONOSCERE LA DIFFERENZA TRA FAME EMOTIVA E FAME NERVOSA
Esattamente come non è sempre facile riconoscere le nostre emozioni e distinguerle, lo stesso capita con la fame. Ad esempio, anche la fame fisiologica è segnalata da segnali psicologici, quali l’irritazione e il nervosismo. Ci sono però alcuni segnali che ci aiutano a capire di che tipo di fame si tratti, capendolo saremo più liberi di decidere come rispondere e quindi scegliere che comportamento mettere in atto.
Prima di parlare di fame emotiva è importante farsi alcune domande preliminari, per nulla banali: oggi ho mangiato abbastanza? Ho bevuto abbastanza? Mi è piaciuto quello che ho mangiato?.
Dopodichè possiamo procedere nella nostra esplorazione e nell’ascolto di noi stessi.
La fame emotiva arriva improvvisamente, come un raptus, un’urgenza, qualcosa che deve essere soddisfatto immediatamente. Tendenzialmente quando siamo di fronte alla fame emotiva, non la soddisfiamo mai con delle carote o del sedano, ma siamo spinti verso particolari tipi di cibo, che vengono chiamati comfort foods. La fame emotiva si avverte dal collo in su, ovvero viene preceduta da pensieri quasi ossessivi sul cibo e sull’urgenza di mangiare e ci si ferma solo quando si avverte una spiacevole sensazione di pienezza.
Non sempre la fame emotiva deve portare a un aumento dell’introito calorico, potrebbe anche portare alla restrizione. In presenza di situazioni spiacevoli o di situazioni che ci sembra ci stiano sfuggendo di mano, verso le quali ci sentiamo impotenti, potrebbe rassicurarci esercitare il controllo sull’alimentazione. È come se ci permettesse di avere un punto fermo in un momento in cui ci sentiamo come su una barca in balìa delle onde.
MA PERCHE’ I COMFORT FOODS?
Nel nostro cervello è presente quello che viene definito sistema della ricompensa, all’interno del quale agiscono una serie di sostanze che attraverso un complesso meccanismo di produzione di neurotrasmettitori, provocano sensazioni piacevoli. I cibi definiti ad alta palatabilità (patatine fritte, cioccolato) vanno ad agire proprio su questo circuito, riescono infatti a stimolarlo aumentando le endorfine, l’ormone della felicità e contemporaneamente inibiscono il senso di sazietà, il nostro segnale interno di stop che dovrebbe farci smettere di mangiare. La forza di questi alimenti è quella di regalarci una gratificazione immediata, agendo proprio su questo circuito. Molti dei comfort foods contengono triptofano, un amminoacido che stimola la secrezione di un altro ormone importante, la seratonina. Bassi livelli di serotonina sono associati a emozioni spiacevoli, quali ansia, depressione, angoscia e quindi alimenti ricchi di triptofano costituiscono una sorta di antidepressivi naturali.
In questo modo viene a crearsi un apprendimento molto potente, uno schema, per cui velocemente dopo il consumo del cibo io mi sento immediatamente meglio. Questo primo meccanismo è quello più coinvolto nelle persone che tendono ad avere episodi di iper-alimentazione.
Come abbiamo già detto però potrebbero anche esserci altri rinforzi piacevoli legati all’uso del cibo o alla restrizione. Non è inusuale infatti ricevere molti commenti e complimenti dopo aver perso peso. In questo caso i complimenti possono fungere da rinforzo sociale, cioè farci sentire apprezzati e ammirati dagli altri, ma anche da rinforzo rispetto alle nostre capacità di resistere alle tentazioni e all’impulsività, facendoci sentire forti e pieni di forza di volontà.
COSA FARE CON LA FAME EMOTIVA?
Ascoltarla, conoscerla, interrogarla. Il problema, la fonte del nostro disagio e della nostra sofferenza non sono le emozioni negative, le emozioni fanno parte dell’esperienza umana e hanno uno scopo, guai ad eliminarle. Il problema diventa il nostro modo di rispondere ad esse, il nostro tentativo di eliminarle, sopprimerle, soffocarle, ritenendole inaccettabili e giudicandoci duramente per come abbiamo risposto al nostro dolore emotivo.