Avete mai sentito parlare di rimuginio e ruminazione?
Rimuginio e ruminazione: di cosa si tratta?
Consistono in due modi di pensare estremamente ripetitivi che ci incastrano in un circolo vizioso in cui l’unico esito è continuare a pensare in modo ridondante. Sono due modalità di pensiero che catturano completamente la nostra attenzione, facendoci perdere un sacco di energie ed impedendoci di dedicarci a qualsiasi altra attività. Ci chiudono nella nostra mente. Ci isolano nei pensieri negativi e ci tengono lontani dalla realtà che ci circonda. Ci assorbono e mantengono sempre vivi per noi informazioni e contenuti spiacevoli. Ci impediscono quindi di dimenticare, di andare oltre un brutto pensiero o una sensazione spiacevole, perché quando si inizia a pensare così è difficile smettere.
Perché pensiamo rimuginando?
Inizialmente, perché crediamo sia efficace e utile per risolvere situazioni identificate come problematiche, per anticipare le conseguenze negative facendoci sentire più pronti ad affrontarle, per tenere tutto sotto controllo, senza accorgerci in realtà che più pensiamo, meno agiamo e meno giungiamo a soluzioni efficaci, continuando solamente a crogiolarci nelle nostre preoccupazioni.
Queste modalità di pensiero che percepiamo come incontrollabili sottendono tante emozioni diverse tra loro. Vediamo insieme quali!
Chi si preoccupa prima del necessario si preoccupa più del necessario
Lucio Anneo Seneca
Il rimuginio è strettamente connesso all’ansia, mantenendola e addirittura aumentandola. Come può avvenire tutto ciò?
Quando siamo assorbiti da questo modo di pensare tendiamo a continuare a focalizzarci sulle nostre paure e preoccupazioni, ad immaginarci costantemente ciò che più temiamo, facciamo molta fatica a concentrarci su altro, siamo stanchi, affaticati e abbiamo la sensazione di aver perso il controllo sui nostri pensieri.
In modo inconsapevole il nostro cervello, quando percepisce una minaccia, ci mette nelle condizioni di far di tutto per prevenirla. Ecco perché non riusciamo a smettere di rimuginare quando siamo in ansia: è un comportamento innato che ci fa sentire più al sicuro di quanto ci sentiremmo se non lo facessimo.
Questo però è un magnifico esempio di circolo vizioso.
Facciamo un esperimento assieme: proviamo ad immaginare qualcosa che ci fa stare bene. Ora proviamo ad immaginare qualcosa che ci fa stare male. Che cambiamenti sentiamo nel nostro corpo? Che sensazioni proviamo? Che emozioni emergono?
L’immaginazione ha un potentissimo ruolo nel generare e mantenere emozioni: continuando ad immaginare scenari negativi non facciamo altro che autosomministrarci enormi dosi di ansia, a cui il cervello risponde con un aumento del rimuginio, e così via.
Nessuno può tornare indietro e ricominciare da capo, ma chiunque può andare avanti e decidere il finale
Karl Barth
La tristezza, è strettamente connessa, invece, alla ruminazione, uno stile di pensiero, come spiegato in precedenza, ripetitivo, negativo e circolare.
Consiste in uno sforzo attivo messo in atto per analizzare le cause di un evento o disagio, che di solito vengono ricercate nei propri comportamenti, nella propria personalità, nella propria storia o nella propria natura.
È quasi come se ci mettessimo a guardare con una lente d’ingrandimento in slowmotion la stessa scena, ancora e ancora.
Adottiamo questa modalità di pensiero, ad esempio, perché crediamo che pensare al passato ci aiuti a capire meglio cosa sia successo, a comprendere meglio i nostri errori per non ripeterli in futuro, o perché riteniamo che esercitare questa abilità ci renda più profondi, giusti, risolutivi.
In effetti, essa è una strategia che può essere efficacemente utilizzata nella gestione delle difficoltà, in particolar modo connesse a perdite o fallimenti. Il problema, però, nasce quando questa strategia diventa l’unica e quando viene usata in maniera molto rigida, portandoci, così, a darci la colpa per tutto, dando origine conseguentemente a potenti circoli viziosi e facendoci provare forte senso di colpa e vergogna. Altre conseguenze negative del farne un uso esclusivo sono la riduzione della nostra capacità di risolver i problemi, il rendere il nostro pensiero fisso e poco creativo, il farci continue domande in maniera afinalistica, l’aumento dell’evitamento e della procrastinazione e la sensazione di impotenza.
Più rabbia verso il passato conservi nel tuo cuore, meno capace sei di amare il presente
Barbara De Angelis
Quando la ruminazione è connessa alla rabbia?
Spesso quando ci arrabbiamo ci sentiamo molto attivati fisicamente: possiamo sentirci tesi, provare tachicardia, accaldarci, sentire la pressione salire, ma in genere dopo una quindicina di minuti questi sintomi tendono a scomparire.
Ci sono però delle situazioni in cui falliamo nel controllo della rabbia e le nostre emozioni negative vengono perpetuate per un tempo più lungo, in maniera dannosa e disadattiva.
Perché?
Perché adottiamo uno stile di pensiero perseverativo e ripetitivo come la ruminazione rabbiosa, che si attiva in presenza di emozioni di rabbia appunto, focalizzando tutta l’attenzione su questa, sulle sue cause, sulle sue conseguenze, sull’evento accaduto. Nel lungo periodo, il continuo ripetere i ricordi passati legati ad emozioni di rabbia, amplifica l’intensità e la durata dell’emozione negativa e porta pensieri di vendetta e ritorsione, fino ad una vera e propria riduzione dell’autocontrollo e la messa in atto di comportamenti aggressivi.
E ovviamente chi subirà maggiormente le conseguenze negative di tutto questo non sarà la persona che ci ha fatto arrabbiare, ma chi ne soffrirà maggiormente saremo noi.
Se vuoi peggiorare una giornata, passala desiderando l’impossibile
Bill Watterson
Hai mai sentito parlare di rimuginio desiderante?
Si tratta di pensare e ripensare in maniera ripetitiva all’oggetto del nostro desiderio, una forma di elaborazione delle informazioni che riguardano oggetti o attività che sappiamo essere piacevoli per noi.
Si compone di due parti: una sorta di dialogo interiore in cui ci convinciamo e motiviamo rispetto al nostro bisogno e tutta una serie di fantasie sull’oggetto del desiderio e sulle sensazioni che proviamo quando lo consumiamo.
Questo è un modo della nostra mente per motivarci a fare, per aiutarci a rimanere concentrati sul nostro obiettivo, ricordandoci come stiamo dopo aver consumato il desiderio.
Quali sono le conseguenze però di questo continuo pensare e ripensare?
Innanzitutto, questa modalità di pensiero sostiene il craving, ossia un’esperienza soggettiva intensa di desiderio, uno dei sintomi centrali nelle dipendenze. Inoltre, amplifica il desiderio e il senso di deprivazione e frustrazione provati fino a che l’obiettivo non viene raggiunto. Riduce poi l’autocontrollo e spinge verso gratificazioni immediate, senza valutarne le conseguenze.
Se questa modalità di pensiero viene applicata a obiettivi irrealistici, irraggiungibili, oppure addirittura deleteri per noi, in netto contrasto con i nostri obiettivi personali può divenire per noi dannosa; lo stesso accade se fatichiamo a riconoscerlo, a riconoscerne i limiti e ad interromperlo.
Interrompere il rimuginio e la ruminazione sembra molto complesso, proprio per le loro caratteristiche intrinseche, ma è possibile e deve essere uno dei primi obiettivi di una psicoterapia dal momento che tale attività è un elemento che spesso alimenta e mantiene in vita la sofferenza mentale. Attraverso un attento lavoro, sarà possibile dunque modificare alcune credenze sull’utilità di questa modalità di pensiero e su come noi ci vediamo e valutiamo in relazione all’attività rimuginativa e ruminativa, per riuscire a spezzarne il circolo vizioso e ad apprendere nuove modalità di pensiero e nuove strategie più utili per noi.
Iniziare un nuovo cammino spaventa. Ma dopo ogni passo che percorriamo ci rendiamo conto di come era pericoloso rimanere fermi
Roberto Benigni