Ansia o paura?

Di: Irene Rossi 06/03/2021 nessun commento

Ansia o paura?

Immaginiamoci di percorrere di notte un vicolo stretto e buio. All’improvviso dietro le nostre spalle sentiamo dei passi sempre più veloci che si avvicinano minacciosamente a noi. Aiuto! Che paura!

La paura: che cos’è?

E’ una delle emozioni fondamentali per tutti gli esseri viventi, che ci mette in guardia dai pericoli e ci spinge alla sopravvivenza. Di fronte ad un pericolo, infatti, il nostro corpo produce un ormone, l’adrenalina, che induce cambiamenti fisici e mentali e che ci prepara all’azione: fuggiamo o rimaniamo immobili o ci prepariamo a lottare.

Se facciamo un grande salto indietro nel tempo fino ad arrivare ai nostri antenati riusciamo a capire il valore adattivo di questa emozione: la paura ha protetto i nostri avi dai predatori o da altri pericoli presenti nell’ambiente, permettendo l’evoluzione della specie. Ad oggi, gli stimoli che ci fanno paura non sono più feroci leoni o invasioni da tribù vicine, quanto piuttosto un cambiamento di vita o il sommarsi di problemi quotidiani. Tuttavia, i cambiamenti corporei, il pensiero e le reazioni comportamentali rimangono le stesse dei nostri antenati. La paura ha dunque, come tutte le emozioni, un’utilità per noi uomini, mettendoci in guardia dai pericoli reali e concreti, percepibili nel momento esatto in cui si manifesta. 

Come reagiamo di fronte ad uno stimolo pauroso?

Le due principali reazioni sono l’attacco, che ci permette di affrontare l’ostacolo, e la fuga, che ci porta ad abbandonare la situazione prima che diventi troppo minacciosa per la nostra sopravvivenza.

Esistono poi altre due reazioni: il freezing ed il faint.

Il freezing è un’immobilità tonica che ci permette di non farci vedere dal “predatore” mentre valutiamo se possa essere più utile per noi in quella situazione attaccare o scappare. Quando nessuna di queste strategie sembra essere valida l’unica ed estrema risposta che ci rimane è il faint, la finta morte. È una reazione molto estrema, ovviamente automatica e non consapevole, che mettiamo in atto di fronte ad eventi fortemente traumatici.

Cosa proviamo a livello fisico quando abbiamo paura?

Le reazioni corporee della paura sono tipiche della risposta adrenalinica e ci permettono di preparare il nostro corpo ad affrontare il pericolo: il tono muscolare aumenta, come anche la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa e la sudorazione. La salivazione diminuisce. Il ritmo respiratorio è alterato, come anche l’irrorazione sanguigna, la temperatura cutanea e la motilità gastro-intestinale.

Quando la paura diventa eccessiva, le sensazioni corporee iniziano a diventare più fastidiose. La tensione muscolare si trasforma in malessere che pervade tutto il corpo: mal di testa, dolori alle spalle e al petto, debolezza delle gambe. Il respiro diventa sempre più affannoso e ci può portare a sensazioni di nausea. La pressione sanguigna aumenta sempre più, fino a farci avvertire un senso di svenimento.

Questi aspetti fisiologici sono gli stessi che caratterizzano l’ansia, un’emozione molto simile alla paura.

Qual è la differenza tra ansia e paura?

L ’ansia si scatena quando il pericolo non è presente, ma temiamo l’eventualità che possa verificarsi. Il pericolo in questo caso dunque è più sfumato, meno definito e lo scopo minacciato non è così evidente. Questa emozione, dunque, sorge quando effettuiamo previsioni negative e catastrofiche su eventi percepiti come importanti o pericolosi. Per questo è un’emozione squisitamente umana, uno di quegli effetti collaterali che abbiamo guadagnato con l’evoluzione della specie. Il nostro cane, ad esempio, difficilmente sarà in ansia perché manca della capacità di prevedere, di fare ipotesi sui possibili scenari catastrofici che lo riguardano.

Quali sono le valutazioni che facciamo di un evento o di noi stessi che ci portano a provare ansia?

In primo luogo, tutti quei pensieri negativi di catastrofe, che non fanno altro che amplificare il pericolo e la minaccia percepiti: “Chissà cosa mi può succedere…”, “Mi può succedere di tutto!”, “Sono in pericolo!”.

Oppure i pensieri negativi di impotenza, che amplificano il senso di mancanza di controllo sugli eventi e sulle proprie scelte: “Non posso farci niente!”, “Non ho scelta!”, “Non ho nessun controllo su questo”.

Anche i pensieri negativi di colpa hanno un ruolo determinante nel farci sentire in ansia, poiché amplificano il senso di responsabilità percepito sugli eventi: “Potevo pensarci prima”, “Devo stare più attento”, “E’ colpa mia, me lo sono voluto!”.

Infine, tutti quei pensieri di inferiorità, che amplificano il senso di mancanza di valore e di merito ed il senso di incapacità: pensare che siamo degli incapaci o degli stupidi ci porterà ad approcciarci a molte situazioni della vita con una forte ansia anticipatoria.

Anche l’ansia è un’emozione utile! Quante volte quel giusto grado di ansia ci ha permesso di impegnarci di più?

Quando smette di essere utile l’ansia?

Smette di essere utile quando viene vissuta in maniera esagerata e perdiamo la percezione di controllo, diventando un ostacolo per il raggiungimento dei nostri obiettivi, quando ci annebbia la mente e ci stringe non solo lo stomaco ma anche i pensieri. Oppure quando si generalizza, rispondendo cioè a situazioni neutre, che non dovrebbero attivarla. O quando riteniamo di non avere abbastanza risorse interne o abbastanza aiuto esterno per affrontare un pericolo che valutiamo come imminente, grave e molto probabile.

Vivere in uno stato costante di ansia e preoccupazioni è un’esperienza terribile, ma per fortuna in terapia è possibile lavorare per imparare a gestire l’ansia e a non farsi travolgere da essa.

Come intervenire allora sull’ansia?

Si può intervenire su tutti quei pensieri citati prima che ci affiorano automaticamente alla mente e che non si dimostrano molto utili per noi, provando pian piano a prenderne in considerazione altri più funzionali per noi. Si può lavorare anche per contrastare alcuni atteggiamenti che mettiamo abitudinariamente in atto e che contribuiscono a mantenere elevata l’ansia. Si può lavorare per imparare migliori abitudini di vita e per ridurre quelle invece stressanti. Questo e molto altro può essere l’aiuto che si può trovare intraprendendo un percorso psicologico, perché…

“Che gli uccelli dell’ansia e della preoccupazione volino sulla vostra testa, non potete impedirlo; ma potete evitare che vi costruiscano un nido”.

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