QUANDO NON RIUSCIAMO A SEPARARCI?

Di: Sylvia Schifano 21/03/2021 nessun commento

QUANDO NON RIUSCIAMO A SEPARARCI?

Nelle nostre relazioni capita a volte che, nonostante percepiamo che la relazione ci stia togliendo più di quanto ci dà, nonostante soffriamo e comprendiamo che l’altra persona in qualche modo “disturbi” il nostro funzionamento, non riusciamo comunque a separarcene. Non riusciamo a chiudere definitivamente una relazione cosiddetta “tossica”.

Cos’è che ci rende difficile chiudere? Cos’è che ci impedisce di separarci?

In questo articolo, parleremo di un particolare tipo di situazione, in cui i partner seppur “ufficialmente” separati, restano in qualche modo a livello profondo “legati”, anche tramite un conflitto costantemente aperto.

Cosa ci unisce?

Quando una relazione è sana è spesso la più grande forma di psicoterapia esistente; un’incredibile possibilità di evoluzione individuale. Quindi, uno degli obiettivi fondamentali di una relazione di coppia è proprio quello di favorire il processo evolutivo di quelli che ne fanno parte.

Ogni persona quindi ha di fronte a sé la possibilità di scegliere se utilizzare la propria relazione con il partner per favorire l’evoluzione della relazione che ha con sé stesso o per mantenerla immodificata.

E’ importante ricordare che, quando ci affacciamo ad un progetto di coppia, tutti noi abbiamo sempre in mente un’ideale di coppia (che arriverà necessariamente dalla coppia che abbiamo visto nella nostra famiglia di origine). Costruirò questo ideale per somiglianza e/o per differenza delle coppie che abbiamo visto nella famiglia di origine.

Quando la relazione non funziona?

Per semplificare, possiamo riassumere le funzioni delle relazioni sane in tre punti:

  • Generare amore
  • Tollerare la diversità dell’altro
  • Permettere e promuovere lo sviluppo dell’identità personale

Se accade che la coppia non riesca a sostenere queste funzioni ed a tollerare le sfide che la vita le mette di fronte quotidianamente, ecco che si inceppa un meccanismo che porta al desiderio di separarsi, dell’uno, dell’altro partner o di entrambi.

Bohannam parla di “divorzio psichico”, ovvero la possibilità di sperimentare fiducia in sé stessi a prescindere dalla presenza dell’ex partner.

Come tutti i processi separativi, però, anche quello di una coppia porta con sé aspetti luttuosi e drammatici, non facili da elaborare.

Può accadere che per certe persone questo processo di elaborazione diventi ingestibile e insuperabile.

Ecco allora che siamo di fronte al cosiddetto “legame disperante”, un lutto complicato in cui la persona è bloccata.

Quando la separazione diventa insuperabile?

Il legame disperante è un legame in cui, oltre all’elevato livello di conflittualità e all’assenza di forme di cooperazione, permane anche una segreta speranza di riconciliazione con l’ex partner. Il rapporto non può essere mantenuto in vita, ma spezzarlo definitivamente comporterebbe profonda angoscia che viene evitata perché portatrice di troppa sofferenza.

Non tutte le coppie riescono quindi ad elaborare la fine della loro relazione e rimangono immerse nella sofferenza e nella rabbia per ciò che si è perduto e per il torto che si sente di aver subito.

Talvolta tale condizione è per le persone paradossalmente più gestibile della sua alternativa: una ricostruzione profonda di sé stessi e della propria vita, in cui si è costretti a rimettere tutto in discussione.

Le persone restano, così, prigioniere dell’incapacità di vedere se stessi in un’altra dimensione che non sia quella del conflitto con colui/colei che considera essere “la fonte di tutti i mali”.

In queste situazioni, laddove siano presenti dei figli essi diverranno un mezzo per colpire e denigrare l’ex partner, paradossalmente però mantenendo in vita il legame in questo modo.

Riuscire a superare un evento come una separazione, richiede innanzitutto un lavoro su sé stessi: attraverso l’elaborazione e la comprensione del fallimento del legame di coppia ed entrando in contatto con il proprio dolore per questa perdita, si potrà elaborare questo avvenimento, accettarlo e iniziare col tempo a re-investire su di sè, sulle proprie risorse e sulla propria vita.

Articolo a cura di Nicoletta Falomo
Psicologa Clinica, Specializzanda (ultimo anno) in Psicoterapia Sistemico-Familiare presso L’Istituto Veneto di Terapia Familiare (ITFV) di Treviso.

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