Perché instauriamo relazioni tossiche?
Di: Sylvia Schifano
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Perché instauriamo relazioni tossiche?
Molti di noi si ritrovano frequentemente incastrati in relazioni non sane, che non solo non ci soddisfano a pieno ma, piuttosto, ci portano a provare molte più emozioni negative che positive, come rabbia, tristezza, ansia, solitudine.
E’ frequente che, in una fase iniziale della relazione, abbiamo sperimentato emozioni positive molto intense, salvo poi trovarci smarriti di fronte ad un radicale cambiamento della situazione in cui i nostri bisogni di connessione, vicinanza e intimità, restano sostanzialmente insoddisfatti.
Perché non riesco a chiudere una relazione che mi fa male?
Il paradosso di queste relazioni è che, nonostante siamo consapevoli della sofferenza che generano, nonostante l’infelicità e il desiderio di recuperare uno stato di benessere, è molto difficile, per le persone coinvolte, giungere alla conclusione che potrebbe sembrare più “ovvia”: quella di interrompere la relazione.
La soluzione alla sofferenza viene, piuttosto, vista nel cambiamento di uno dei componenti della coppia, o di entrambi. Investiamo tantissime risorse nel cercare di cambiare l’altro o, al contrario, ci chiediamo continuamente quali cambiamenti possiamo mettere in atto noi per primi per tollerare più facilmente la situazione.
Nonostante ci sia una parte dentro di noi che ci implora di mettere fine a quella sofferenza, cerchiamo in tutti i i modi di metterla a tacere, dicendoci che possiamo sopportare ancora, finché non ci abitueremo alla situazione o finché l’altro, finalmente, capirà il nostro punto di vista e soddisferà i nostri bisogni. Senza renderci conto che, così facendo, noi per primi li stiamo completamente ignorando.
Quali sono i segnali d’allarme?
La predisposizione a non considerare i nostri bisogni può agire su tanti fronti, vediamone alcuni:
- Il lavoro/lo studio: raggiungere dei risultati richiede dei sacrifici, è innegabile. Ma ci siamo mai chiesti per quale motivo vogliamo raggiungere quel risultato e quanto ci costi in termini di salute, benessere, vita sociale? Si tratta davvero di decisioni che prendiamo per la nostra felicità o, piuttosto, sentiamo di “dover dare” sempre il massimo per poter sentire che andiamo bene?
- Il rapporto con il nostro corpo: parliamo spesso di psiconutrizione e diet culture. Quanti di noi vivono la pressione a raggiungere e mantenere una determinata forma fisica (indipendentemente dal nostro stato di salute) e, per questa ragione, si sottopongono a regimi alimentari estremamente frustanti, ad allenamenti estenuanti o rinunciano ad occasioni sociali? Di nuovo, è davvero questo che ci rende felici?
- Il tempo libero: siamo sicuri di impiegarlo davvero in attività che ci rendono felici? O anche questo spazio è spesso contaminato da tutti quei “DEVO” che popolano il resto della nostra vita? Devo mettere in ordine la casa. Devo leggere almeno X libri al mese. Non devo sprecare il tempo libero. Devo impegnarmi in qualcosa di produttivo.
Potremmo fare ancora tanti esempi ma il concetto è uno soltanto: invece di concentrarci su ciò che va bene per noi, viviamo costantemente nel tentativo di andare bene per qualcuno o qualcosa.
Quando è iniziato tutto questo?
L’esperienza clinica e gli studi in materia ci dicono che la tendenza a credere di dover a tutti i costi corrispondere a delle aspettative, a tal punto da imparare ad ignorare sistematicamente i nostri bisogni per dare priorità a quelli di qualcun altro, affonda le radici molto lontano nel tempo.
Dentro di noi, anche se ormai adulti, vive la nostra parte bambina che sente ancora molto forte il monito, esplicito o implicito, dei suoi genitori, gli unici da cui volesse davvero essere amata: “Puoi andare bene per me se e solo se….”
Andrai bene a scuola.
Ti comporterai bene.
Suonerai il pianoforte.
Mi renderai orgoglioso di te.
Ti prenderai cura di me.
Non mi ferirai mai.
…
Cha influenza ha questo sulla nostra vita relazionale futura?
Non siamo stati abituati quindi a considerare l’amore come un dono incondizionato, a considerarci persone amabili esattamente così come siamo, senza bisogno di dover cambiare nulla di noi per andare bene.
Non siamo stati abituati ad ascoltare i nostri bisogni, considerarli importanti, degni di nota e rispetto e, di conseguenza, ad agire in loro funzione.
Ma, al contrario, siamo sin troppo allenati a metterli da parte, sistematicamente, in funzione dei bisogni di qualcun altro, nella cieca speranza di saziare quella parte bambina che vive in noi, affamata di amore.
E così, chi è stato amato incondizionatamente riconosce e rispetta i propri bisogni, e, se una relazione non funziona, non crederà di non andare bene per l’altra persona ma, piuttosto, vedrà che quella relazione non va bene per i suoi e gli altrui bisogni e non rimarrà incastrata, nella relazione o nel ricordo di essa.
Al contrario, per chi è stato sempre abituato a mettere da parte i propri bisogni, sarà semplicemente naturale farlo anche in questo caso, instaurando e mantenendo relazioni che non producono il risultato di promuovere il benessere.
Questo non vuol dire che non vi è via d’uscita: un percorso di psicoterapia è fondamentale in questi casi, per ri-educarsi al riconoscimento dei propri bisogni, dei propri interessi, di ciò che ci fa stare bene e modellare nuove credenze, grazie alle quali possiamo imparare a considerarci come persone degne di amore, esattamente così, come siamo, con tutte le nostre magnifiche imperfezioni!