La fine di una relazione tossica

Di: Sylvia Schifano 02/05/2021 nessun commento

La fine di una relazione tossica

La fine di una relazione ci porta, quasi inevitabilmente, a sperimentare una serie di emozioni negative e poco piacevoli, a tal punto che in psicologia tale evento viene paragonato ad un vero e proprio lutto.

Cosa si intende per lutto?
Vi è un periodo, convenzionalmente definito in 12 mesi, in cui è del tutto normale provare emozioni e sensazioni sovrapponibili ad un episodio depressivo, per esempio.

In una normale elaborazione di un lutto si attraversano diverse fasi, come l’incredulità, la rabbia, la disperazione e l’accettazione, ognuna caratterizzata da proprie emozioni (ad esempio la tristezza, la colpa, la rabbia), manifestazioni fisiologiche (come un senso di faticabilità o, al contrario, un aumento dell’energia) e alterazioni comportamentali (come ad esempio disturbi del sonno, alterazione dell’appetito).

Quando tutte queste reazioni, considerate quindi assolutamente normali nel caso di eventi di questo tipo, superano la durata prevista e, soprattutto, quando si osserva un “blocco” in una delle diverse fasi senza riuscire mai ad arrivare all’ultimo (e risolutivo) stadio dell’accettazione, in gergo clinico si parla di lutto complicato.

Cosa succede quando chiudiamo una relazione tossica?

Le relazioni tossiche sono sicuramente quelle di cui è più difficile elaborarne la fine; in questo caso è come se dovessimo elaborare la fine di due relazioni, la perdita di due persone, totalmente in contrapposizione tra loro.

Una caratteristica di questo genere di relazioni, infatti, è quella di cambiare drasticamente nel tempo: un idillio iniziale che lascia spazio ad un vortice di solitudine, rabbia, colpa, paura in un secondo momento.

L’aspetto “complicato” della fine della relazione da accettare, in questo caso, è che c’è una parte di noi che resta saldamente ancorata a tutte le emozioni intense e meravigliose che abbiamo sperimentato all’inizio della relazione e, un’altra, probabilmente più consapevole, profondamente ferita da tutte le implicazioni negative che la relazione ha avuto per noi.

Siamo come scissi, divisi in due e oscilliamo tra l’idealizzazione e la nostalgia della persona idealizzata che non c’è più e la rabbia nei suoi stessi confronti.

Perché ci colpevolizziamo?

In questo turbinio di emozioni contrastanti una, spesso, prende il sopravvento: la colpa.

Perché sto ancora così male? Cosa c’è di sbagliato in me, perché non riesco ad andare avanti? Come posso provare nostalgia per una persona che mi ha fatto così tanto del male? Perché non riesco a impormi di non pensarci più? Cosa ci vuole ad andare avanti?

La prima cosa utile che possiamo fare, quindi, è riconoscere questo meccanismo e sospendere questo giudizio così critico nei nostri confronti: la tua sofferenza ha un senso, se ti sei legata così profondamente ad una persona tossica è, molto probabilmente, perché non sei mai stato/a abituato/a a riconoscere e dare valore ai tuoi bisogni.

La buona notizia è che puoi iniziare adesso: se hai ancora bisogno di soffrire, di stare male, di piangere puoi farlo. E non c’è nulla di sbagliato in questo.

Ricorda: le nostre emozioni sono tutte utili e preziose! Questa sofferenza parla di un tuo bisogno: metterla a tacere non ti sarà d’aiuto nel riconoscerlo, accoglierlo e soddisfarlo.

Come fare a capire cosa ci sta dicendo la sofferenza?
Proviamo ad individuare cosa ci manca esattamente di quella relazione, in questo momento.

Potremmo scoprire che ci mancano i momenti di condivisione di ciò che ci piace fare, o sentire che siamo importanti per qualcuno, le manifestazioni d’affetto, il supporto ricevuto in alcune situazioni, e così via.

E proviamo a chiederci: è proprio vero che non c’è nessun altro modo per soddisfare questi nostri bisogni?

Spesso la nostalgia della relazione conclusa ci parla di un bisogno di intimità, vicinanza, affetto, condivisione, connessione con persone amate. Cerchiamo, quindi, di non isolarci e ricercare tutto il bisogno e la vicinanza di cui abbiamo bisogno, da parte delle persone care. E di darci noi in primis il valore, le cure, le attenzioni che ci mancano: da quanto tempo non ti metti al primo posto, non ordini il tuo piatto preferito, non ti regali qualcosa che ti piace, non ti ritagli una giornata per te?

Iniziare subito un’altra relazione può essere utile per superare la precedente?
La risposta, lo sai anche tu, è no.

La scelta di iniziare subito una nuova relazione, in questo caso, sarebbe molto probabilmente mossa dal bisogno, più che dal desiderio. Questo porterà, ancora una volta, a rimettere in atto uno schema noto: quello in cui mettiamo in secondo piano i nostri bisogni e ci accontentiamo delle briciole. Barattiamo il nostro benessere al lungo termine per un sollievo momentaneo.

Attraversare la sofferenza che la fine di una relazione, soprattutto tossica, comporta, richiede coraggio, forza, resilienza. Ma sa anche una grande opportunità: imparare a riconoscere i propri bisogni, ad andare nella loro direzione e sapere come soddisfarli, senza essere più schiavi del bisogno che qualcun altro lo faccia per noi.

Credi sia un costo adeguato per un valore così grande?

Come faccio a resistere quando la nostalgia mi sembra insuperabile?
Ci sono dei momenti, però, in cui siamo completamente assorbiti dal bisogno di riaprire una forma di comunicazione con quella persona: ci manca troppo, non importa come sono andate le cose. Anzi, probabilmente è colpa nostra: potevamo essere più comprensivi, potevamo lasciare più tempo.

Quale parte di te sta parlando in questo momento? (quella saldamente ancorata a ciò che di bello e intenso hai vissuto).
E a quale parte dell’altra persona si sta rivolgendo? (quella idealizzata, quella che tiene in considerazione solo gli aspetti positivi).

E’ molto importante diventare consapevoli di questo meccanismo: servirà del tempo per riuscire ad “integrare” le due facce della relazione che abbiamo vissuto. Quando siamo nel pieno dell’elaborazione del lutto oscilliamo tra due poli: la rabbia, che ci aiuta ad andare avanti e la tristezza, che accentua il senso di aver perso qualcosa di molto prezioso. Allo stesso modo ci rappresenteremo anche la relazione o l’altra persona, alternativamente, idealizzando o volendocene allontanare.

Ci vorrà del tempo per riuscire a vedere quella relazione/quella persona per ciò che realmente è: un insieme, contraddittorio, di caratteristiche estremamente positive (ma non stabili) ed estremamente negative.

Un esercizio utile potrebbe essere quello di scrivere un elenco delle motivazioni per cui non eravamo felici in quella relazione, dei momenti di intensa sofferenza, delle volte in cui siamo stati/e molto male. E tirarlo fuori, rileggerlo, quando abbiamo in mente solo la parte idealizzata di ciò che abbiamo vissuto.

Posso chiedere aiuto?
Assolutamente sì! Le relazioni sono una risorsa importantissima e sono proprio uno dei luoghi in cui potrai soddisfare i bisogni mossi dalla chiusura della relazione.

Un aiuto professionale, invece, potrebbe essere quello dato da un percorso di psicoterapia.

Iniziare un percorso di psicoterapia significa, innanzitutto, poter ritrovare uno spazio di ascolto in cui ci si possa sentire compresi e accolti.

Potremo capire meglio la differenza tra cos’è una relazione sana e cosa non lo è: con l’aiuto del terapeuta riusciremo a definire meglio cos’è un maltrattamento, cosa un abuso.

Con queste nuove consapevolezze potremo quindi comprendere quali caratteristiche proprie e dell’altro hanno reso tossica la relazione e hanno favorito l’incastro, estendendo la riflessione anche ad altre relazioni significative della propria vita.

Saremo quindi pronti a rifiorire: attraverso la riappropriazione di noi stessi, la ri/scoperta di interessi, passioni, risorse, apprendendo l’ascolto per riconoscere ciò che ci fa stare bene.

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